Soggiorno ad Eslenas - Parte due

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    Soggiorno ad Eslenas - Parte due

    Dicono di me che sono uno spettro. Beh, è vero. Non c'è spettro più spettrale di me ragazzi, è la verità. Oggi vi racconterò del mio secondo soggiorno ad Eslenas, dei miei allenamenti principalmente e di come mi sia letteralmente aperto il culo per migliorare fino all'inverosimile, sperando un giorno di tornare nel grande oceano e di portare a termine la mia vendetta. Prima di tutto c'è da dire da dove sono partito. Alcune settimane prima avevo incontrato due personaggi interessanti di cui vi parlerò in maniera molto veloce, non volendo entrare troppo nei dettagli onde evitare di iniziare subito a parlare di quello che successe nella capitale degli Elfi.
    La prima persona che incontrai era il Gigante Shar Khan. Uno strano personaggio a dirla tutta. Fisicamente si presentava come un'immensa mole e montagna di muscoli umanoidi... capelli lunghi e neri e sguardo fiero; espressione stoica e linguaggio criptico, l'avevo trovato un ottimo oratore e cantore di storie, probabilmente uno dei più intelligenti della sua razza senza ombra di dubbio. Nelle Lande Selvagge si fanno tantissimi incontri e quello con Shar Khan era stato di sicuro piacevole. Mi accompagnò fino alle pendici di Seemold, dal momento che, a detta sua, non aveva molto da fare e che si preoccupava del fatto che un minuto come me potesse essere aggredito da qualche creatura sulla strada per la città dei nani; ovviamente non aveva idea che stava parlando con Elros Inglorion che, anche se al giorno della mia attuale narrazione non era un granché, era comunque un gran bel guerriero e avventuriero, abbastanza da non doversi preoccupare in nessun caso di alcuna creatura oscura, salvo strane apparizioni.
    Ovviamente non avrei mai potuto affrontare un Bahamut tutto da solo, era chiaro, come penso non avremmo potuto nemmeno affrontarlo in due, io e Shar Khan. Probabilmente saremmo morti nel tentativo.
    Speravo solo che in vita mia sarei diventato abbastanza potente da poterne combattere uno da solo. Vaneggiamenti a parte, la compagnia del gigante mi fu molto gradita e speravo di incontrarlo un'altra volta prima o poi nella nostra vita; ero sempre più convinto che quella storia della diversità delle razze e dei Teisar fosse una grande cazzata: non nel senso che i Teisar non siano reali e che non si debba essere devoti a loro - io in primis ero devoto alla dea della Luce Valiar - però, essere divisi per questioni razziali secondo me era stupido; che differenza faceva se io ero uno spettro o al limite, un tritonide che vuole entrare in una città di nani?
    Questo ci porta al mio secondo incontro, il nano Hurtharn. Il simpatico nano lo incontrai proprio a Seemold. Si trattava dei giorni in cui mi stavo rilassando davanti alle grandi porte della magnifica città dei nani. Non appena fui arrivato lì davanti, onestamente, non ce la feci in nessun modo ad entrare subito.
    Aspettai e mi beai della vista che si aveva dalle collinette subito davanti alla porta; quelle erano terribili in caso di assedio, ma erano spettacolari in caso di visite turistiche, che avvenivano di rado a proposito dell'attitudine dei nani.
    Del marmo altissimo, roccia nuda di piedi e piedi, forse più di cinquecento, alta, dove diverse aperture davano l'idea che potessero contenere centinaia e centinaia di arcieri nanici.
    Lì quasi per caso un nano mi si avvicinò, si chiamava Hurtharn, ma il modo in cui scoprii il suo nome fu piuttosto singolare; infatti questi mi chiese di colpire la sua armatura, perché doveva "provare la sua fattura e se avesse fatto o meno un buon lavoro" piuttosto insospettito di questo tipo di comportamento, ero quasi sicuro che il nano volesse solo farsi sbruffone con un viandante a caso.
    Quindi, penetrai nella sua mente con brutalità inaudita e lo resi praticamente indifeso alla mia indagine, dalla quale scoprii che effettivamente diceva la verità sul suo conto: scoprii il suo nome, della sua inusuale fortuna e del fatto che - a scanso delle apparenze - si trattava di uno dei nani più in gamba con la forgia della sua generazione.
    A quel punto lo accontentai e notai con dispiacere che la sua armatura era veramente impenetrabile. Comunque, la storia non si sarebbe conclusa lì, infatti lui decise di scontarmi un sacco di roba per quanto riguarda la forgia di armi e armature... dal momento che gli chiesi il piacere di forgiarmi qualcosa in argento per andare a combattere i vampiri nel Rakenal.
    All'epoca ero piuttosto fissato con i combattimenti dei vampiri e, purtroppo, lo sono ancora oggi. Del perché voglia sterminare legioni e legioni di vampiri non credo che sia materia di questo racconto, quindi passiamo direttamente alla parte del mio ritorno ad Eslenas e di come ci arrivai praticamente di nuovo per caso.

    Mi ero appena allontanato dal Rakenal dopo un'importante impresa in cui avevo fatto pulizia di qualche insulso succhiasangue che aveva pensato di poter fare il gradasso con la persona sbagliata. Non mi restava altro che andarmene da quel posto dimenticato dai Teisar e iniziare a fare un po' di viaggi nel resto della penisola per capire se il problema dei vampiri fosse esteso così come mi aveva detto ad esempio Shar Khan, oppure fosse veramente circoscritto al Rakenal. Non avrei voluto che veramente i vampiri si fossero espansi al mia insaputa - d'altronde, non sapevo nemmeno quanto tempo era intercorso tra la mia morte e il mio ritorno sotto forma di spettro - e avessero conquistato altre zone oppure che anche solo la loro schifosa influenza da creature oscure si fosse espansa su zone prima intonse.
    La realtà dei fatti era che i Vampiri erano presenti anche a Untc e a Teylust, per non parlare di minore presenza anche nelle altre regioni e molti di loro controllavano la politica della penisola nelle alte sfere; beh, bisognava porre un rimedio a tutto ciò.
    Nonostante il mio destriero mi disse di muovermi verso una precisa direzione, come se sapesse che il suo padrone non sapeva nulla a riguardo della destinazione che voleva intraprendere; quello che feci fu dirigermi totalmente a caso verso Sud, senza sapere che fosse il sud... incontrai quindi i confini dei domini di Osper.
    Credo di essere anche passato vicino a qualche altro villaggio Elfico, qualcosa come qualche luna prima di giungere ad Eslenas. Purtroppo il mio cavallo doveva riposare e quindi non potevo fare a meno di fermarmi anche io e di perdere tempo magari a fare pratica di spada; il fatto di non affaticarsi era ottimo per la pratica, e anche perché potevo migliorare ad una velocità non indifferente le mie capacità.

    Ad Eslenas quindi ci giunsi tanto per caso. La spettacolare città degli Elfi, il Palazzo della Luce e il sovrano Umaril che ancora non avevo visto e che probabilmente non avrei visto a meno che non avessi cercato di assassinarlo ( non che fosse nei miei piani, anzi, non era minimamente nei miei piani una cosa del genere ); mi chieisi come funzionava la successione dei poteri all'intenro della comunità degli elfi, forse per anzianità? Elezione politica? O semplicemente ereditarietà come buoni monarchi senza un minimo di cultura civile? Beh, all'epoca non ne sapevo niente nemmeno della politica, dovete immedesimarvi, ero solo un giovane tritonide che era rinato sotto forma di spettro, non avevo ancora studiato nulla di tutto ciò e non ne avrei avuto la possibilità per tanto tempo, almeno finché non mi sarei trasferito in una delle cittadine più civilizzate e più sviluppate sotto questo punto di vista, come Fosal ad esempio o Untc.
    Camminando tra le strade di Eslenas notai quello che stranamente sembrava un diverbio tra due elfi... uno era biondo e alto, l'altro più basso, ma non di molto e con la capigliatura castana; due giovani che vestiti di strani panni che potevano associarsi ad un esercito o a una setta stavano discutendo di qualcosa e stavano per suonarsele di santa ragione.
    Probabilmente dovevano essere molto, molto giovani per quel che riguardava l'età, specialmente in termini elfici dal momento che la maturazione di questa tipologia di razza è diversa e molto dilazionata rispetto a quella di umani e razze mortali.
    « Fatti indietro! »
    Sbraitò quello biondo e alto con aria di superiorità, doveva trattarsi di un alto elfo delle popolazioni discendenti dalla stirpe originale come piace a loro ricordare agli altri.
    « Scordatelo... sono arrivato prima io »
    Sembravano quasi che stessero per venire alle mani, e io mi feci spazio tra la folla senza dare troppo nell'occhio, sempre con un cappuccio sulla testa e sempre con la solita aria da " passavo di qui per caso ".
    All'improvviso però arrivò, come un raggio d'aurora, un personaggio che avevo già visto sia in situazioni nefaste che in situazioni più felici. Si trattava di Ekzelion, il comandante elfico di lunga data e uno dei personaggi di spicco della penisola. Forse, a detta di molti, il comabttente più forte di quei luoghi.
    Nel vederlo i due elfi quasi si pietrificarono e rimasero fissi sull'attenti e il comandante li squadrò dall'alto al basso per poi pronunciare una sentenza in una lingua che non conoscevo e mandarli praticamente forse in una sorta di congedo punitivo. Lo sguardo di Ekzelion poi passò attorno alla folla che si dileguò in un istante fino a che lui rimase di spalle e sorridente disse, al mio indirizzo sorprendentemente.
    « Sei un essere di luce, eppure sei sfuggente e ti muovi nell'ombra, caro Elros... »
    Sorrisi anche io, quell'elfo mi piaceva sempre di più; potente, influente e sempre a conoscenza di ciò che lo circonda, una proprietà della propria coscienza incredibile, solo dopo notai che la sua coscienza si era espansa in maniera tanto ampia da praticamente inglobare tutto quel posto, era incredibile quanto fosse potente. Ora che ero diventato potente anche io, ovviamente anni luce dalle sue capacità, riuscivo a vedere quanto fosse ampio il potere di Ekzelion.
    « Non di meno un essere di Luce però... »

    Commentai ridendo alla sua battuta. Gli elfi erano parsimoniosi con le battute e le facevano solo in rarissimi casi, specialmente gli elfi alti; però Ekzelion era un elfo diverso uno di quelli che anche se nasce in una generazione sembra avere qualcosa che lo contraddistingue al massimo da tutti i suoi simili. Secondo me aveva dovuto vedere il mondo in diverse sfumature e diverse facce per diventare una persona tanto poliedrica alla fine dei conti. Era in gamba, molto in gamba. Si voltò e si avvicinò dunque a me, e io per rispetto tolsi il cappuccio e lo salutai come gli elfi facevano; poggiai una mano dietro la schiena e la mano sinistra a forma di pugno che incrocia col braccio diagonalmente il torso. Mi inchinai io leggermente e lui non lo fece, segno che tra i due io ero il meno importante.
    Le usanze degli elfi era buono impararle subito se volevi vivere ad Eslenas e se volevi avere a che fare con cariche pubbliche e specialmente con gli alti elfi, loro ci tenevano particolarmente a quelle cose.
    « Cosa ti porta di nuovo nella nostra capitale, Elros, nella quale sei ovviamente il benvenuto... »
    Era proprio quello che volevo sentire, perché allo stato dei fatti, già che mi ci trovavo, sarei rimasto qualche giorno magari per fare pratica di spada. L'esercito degli Elfi non era mobilitato, si addestravano e si ingrandivano per ovvi motivi di tensioni ultimamente all'orizzonte e quindi bisognava in qualche modo tenere pronte delle truppe che sarebbero state in grado di sopperire alla mancanza di buon senso di regnanti e di parti in causa, tipo l'espansione del male nel Rakenal; quello era un argomento che preoccupava un po' tutti.

    Mi feci serio per un attimo e vuotai il sacco con il comandante delle legioni di luce, Ekzelion.
    « Ero intenzionato a rimanere per un po' e, se tu volessi farmene grazia, addestrarmi un po' con te nel combattimento... »
    Ecco l'avevo detto, il motivo per cui anche essendo capitato per sbaglio ad Eslenas non ero andato via, ma avevo deciso di rimanere e di cercare una persona in preciso, ma senza andare a disturbare al Palazzo di Luce, dove probabilmente non mi avrebbero fatto nemmeno entrare. Li si trattava degli elfi, non degli stupidi nani e delle loro concezioni xenofobe; gli elfi avevano delle regole rigide, non facevano entrare nemmeno i loro simili in quel posto figurarsi gli stranieri, non era una questione di razza.
    Ekzelion mi guardò per un po' squadrandomi negli occhi e facendomi sentire proprio uno sbarbatello alle prime armi che chiede qualcosa che non può essere possibile. In effetti, avevo chiesto qualcosa di non indifferente, qualcosa che solo un giovane come me poteva chiedere e qualcosa che forse lui non aveva il tempo né la voglia o l'interesse di esaudire.
    Tra le altre cose, Ekzelion avrebbe potuto addestrare il prossimo flagello della Penisola per quanto ne sapeva... anche se confidavo che la loro escursione nella mia mente era qualcosa che almeno avrebbe permesso al comandante elfico di capire che non ero un tipo pericoloso o negativo in nessun caso e nemmeno quello.
    « E sia. Seguimi, Elros Inglorion »
    Aveva accettato? Stentavo a crederci che avesse accettato la mia proposta di allenamento. Ora dovevo solo stare in silenzio e seguirlo, così come mi aveva detto di fare. Non montai a cavallo, ma lo portai con me con molta calma, molta molta calma, e seguii Ekzelion che si faceva strada verso i gardini del Palazzo Lucente.
    Tramite delle stradine raggiungemmo il cancello; non era difficile capire che Ekzelion fosse una delle personalità più ammirate della città, infatti ovunque andavamo c'era qualcuno che lo guardava squadrava e abbassava la testa i segno di riverenza e lui con stoica presenza e incessante passo da condottiero non faceva una piega e si limitava a salutare le persone con la stessa cortesia che avrebbe riservato un contadino qualunque ai suoi compaesani. Era sicuramente una personalità niente male Ekzelion.
    Superammo il cancello dove le guardie, nel vederlo, si misero sull'attenti e salutarono. La sua armatura scintillante di un rosso cremisi e scuro, opaco e sfumante nell'argento era qualcosa di spettacolare, così come il mantello color giada che si portava dietro e sventolava. L'elmo non l'aveva con sé ma era pratica comune di molti soldati non tenere con loro tutto l'equipaggiamento se si trovavano in confini amici.
    Raggiungemmo un piazzale immenso, in cui centianaia e centinaia, no che dico, migliaia di soldati sembravano si stessero addestrando; ogni tanto urla selvagge giungevano dal campo e vedevo acrobazie e movimenti incredibili che avevo solamente visto per poco tempo.
    Avevo già visto quel posto, dove la tenda del Comandante sorgeva così come tutte le altre tende degli ufficiali, ma non mi ero abituato nel poco tempo che ci ero rimasto; della storia dell'uovo di drago non provi a parlarne e quando rimasi lì non venne fuori nemmeno una volta per fortuna, forse avevano, come gli avevo consigliato, trovato qualcuno di più adatto a trasportare un carico del genere.

    « Se vuoi attendere... »
    Disse Ekzelion, e entrò nella sua tenda riemergendo subito dopo con due spade di legno adatte alla partica. Non credevo che sarebbe stato necessario, ma mi adattai. Non dissi nulla, dal momento che ero già fortunato a trovarmi lì e a stare al cospetto del Comandante delle truppe di tutta Eslenas, quindi mi zittii e feci come diceva. Presi la spada e la impugnai saggiandone peso e bilanciamento.
    Piano piano, mentre ci spostavamo — su cenno del comandante elfico — verso uno spiazzo più o meno libero, gli altri elfi sembravano tutti catturati da quello che stava succedendo.
    Voci si alzavano, forse perché non era cosa solita vedere Ekzelion prendere la spada e fare pratica con chicchessia. Allora decisi che dovevo impegnarmi e non fare una figura di merda davanti a tutti, ma presto dirsi. Ora vi racconto di quello che successe sul campo quel giorno.
    Mulinellai velocemente la spada, giusto per far vedere che non ero il primo idiota da prendere sotto mano, ma allo stesso modo il comandante fece piroettare il polso della sua, che sembrò essere senza peso per le acrobazie che riuscì a farci.
    Deglutii, mi sentivo stranamente nervoso.

    « Voglio prima che facciamo un duello amichevole, giusto per capire a che livello sei da quando hai lasciato Eslenas... così posso trovarti il compagno di pratica più appropriato... »

    Annuii, perché dovevo solo stare zitto e imparare in quel caso, non c'era arroganza in me e forse quella fu la cosa che mi permise di durare tanto a lungo in quel duello. Lui fece un cenno della testa per farmi capire che potevamo inziare, mentre attorno a noi si raccoglievano sempre più persone. I commenti più frequenti erano " non è un elfo ", "sembra un tritonide " e qualcuno invece diceva " sembra un pallido umano che non vede la luce del sole da troppo tempo ".
    Scattai in avanti cercando di abbreviare lo spazio che ci separava, ma Ekzelion fece un imperettibile scattino all'indietro per non ingaggiare in maniera troppo vistosa, voleva creare spazio tra di noi anche se a livello di altezza eravamo praticamente quasi uguali, quindi non poteva beneficiare di un allungo maggiore o cosa simile, madopo capii il motivo; tentai un affondo e mai cosa fu più sbagliata.
    Sbilanciai il mio peso tutto in avanti e a lui bastò ruotare su sé stesso di novanta gradi e colpire la mia spada di taglio per farmi sbilanciare in avanti. Non avrei sfruttato l'abilità di sparire e riapparire, dal momento che non volevo rivelare a tutti che ero uno spettro, sicuramente degli elfi istruiti come quelli sul comabttimento l'avrebbero capito.
    Ekzelion avrebbe potuto colpirmi alle spalle, ma non lo fece; va bene, errore mio e si riaprtiva da zero ora. Riprovai un affondo ma questa volta non spostai troppo il peso in avanti e fu troppo debole. Il comandante degli Elfi si limitò a fare un passo indietro a braccia rilassate senza nemmeno alzare una guardia per evitarlo; inclinò la testa di lato e mi guardò con espressione accigliata.
    Odiavo essere preso come un incapace. Iniziai a cercare di fare sul serio, mi muovevo alla massima velocità possibile garantita dal mio corpo, ero una scheggia impazzita ero un fulmine.
    Uno, due tre colpi che andavano a segno, o meglio non facevano schifo come quelli di prima ma venivano parati da sonori schiocchi del legno sul legno delle nostre due spade da pratica.

    Ekzelion riusciva a mantenere il passo con la mia velocità era incredibile, non avevo mia trovato nessuno tanto veloce e tanto forte. Una mezza piroetta da parte sua fu una finta che non ero abile a prevedere, colsi l'occasione cercando di colpire di taglio, ma lui era già nella mia guardia e bastò uno sbuffo col braccio e il suo legno colpì il mio con una violenza che non mi aspettavo: era forte, molto più forte di quello che credevo. La mia spada volò via mentre la sua, nemmeno il tempo di girare la testa, era piantata al mio petto in segno di vittoria.
    Non un accenno di fatica nelle sue movenze, non un minimo sussulto nella sua forma, perfetta. Era stato ineccepibile e avrebbe potuto eliminarne dieci, no che dico, venti di me contemporaneamente.
    « Riprendi la spada... un'ultima volta... »
    Disse, quasi senza un'emozione nella voce.
    Ero parecchio deluso dalla mia prestazione, ma non perché mi aspettavo di vincere contro uno dei comabattenti più forti di tutto il continente, ma perché avrei dovuto rivalutare tante cose su di me e su quello che pensavo essere finalmente uno dei culmini delle mie capacità. Pensavo di essere finalmente arrivato ad un punto dove potevo permettere di combattere da solo contro diversi avversari e invece non era così; Ekzelion era a quel punto, dove poteva tranquillamente gestire tanti pivelli come me e fare una carneficina in battaglia.
    Era anche vero che io non ero un combattente di quel tipo però; io ero un assassino silente una persona che conosce i punti deboli, studia il bersaglio e mette fuori gioco il suo nemico senza essere visto; niente sudore - non avrei sudato in ogni caso comunque - e niente problematiche legate al cozzare di spare scudi o strane schivate, semplicemente un colpo singolo e preciso che avrebbe messo fuori gioco anche il più abile degli avversari.
    Ripresa la spada senza abbattermi mi avvicinai di nuovo al piccolo cerchio che si era formato tra tanti elfi che erano venuti a guardare la mia disfatta, lo sguardo fiero e la voglia di farmi valere questa volta senza perdermi d'animo.
    Sapevo che potevo farcela, non a batterlo, ma almeno a non fare una figura deplorevole. Però quello fu il suo turno di attaccare. Partì velocissimo, vidi solo il suo corpo portarsi in avanti e i suoi piedi fare pressione sul terreno, ma scomparve alla mia vista subito dopo.
    Si trovava alle mie spalle e quello che riuscii a percepire fu solo il freddo tocco della spada di legno, della sua, sul mio collo. Era alle mie spalle, ci era arrivato con una rapidità impresisonante, non l'avevo nemmeno visto muoversi, era incredibile e così nessuno degli elfi che si trovavano lì e lo sapevo perché lo stupore e il clamore furono generali.

    Ekzelion fece cenno a tutti di dileguarsi e ognuno tornò alla sua pratica di spada, lancia, armi da lancio o qualsivoglia pratica stessero facendo prima che venissero interrotti dall'evento che si stava svolgendo lì. Si avvicinò a me, sorrise e mi diede una pacca sulla spalla.
    « Potevi usare le tue abilità spettrali, saresti stato più avvantaggiato... »
    Oh, è vero, era stato nella mia mente, poteva sapere più cose di qullo che pensavo, ma in realtà aveva ragione. Però non credo che sarei stato tanto avvantaggiato o avvantaggiato tanta quanto credevo io di essere, forse le abilità le avrei utilizzate in un secondo momento, ma non era quello il giorno di rivelare a tutti che ero uno spettro.
    « Si hai ragione, ma non mi andava di farlo e volevo provare a combattere senza... »

    Raggiungemmo un punto dello spiazzo dove c'era una persona che non avevo visto - anche se era difficile dirlo visto che erano accorsi in molti - dare attenzione al mio duello con Ekzelion. Era un'elfa, bella come tutte le altre giustamente, ma un po' di più forse, che faceva pratica di spada con dei manichini che erano stati probabilmente cantati dal suolo. Anche in quel caso la velocità delle esecuzioni era incredibile ed Ekzelion chiamò il suo nome per richiamarne l'attenzione.
    « Galandril »
    Non mi sembrava miniamente un nome da donna, ma c'era da dire che ero abituato ai nomi di cultura tritonide che erano molto simili per assonanza a quelli degli umani, quindi non si poteva dire per gli elfi cosa fosse considerato femminile e cosa maschile a livello di nomi.
    Lei si girò e fissò gli occhi sulle nostre figure, prima la mia, poi quella del Comandante e si prostrò nel calssico saluto alle cariche pubbliche degli elfi. Lei non era un elfo alto, doveva trattarsi di un elfo silvano, ma non ne ero sicuro.
    Ekzelion poi si rivolse a me.
    « Galandril sarà la tua compagna di pratica nel tempo che vorrai farci compagnia qui ad Eslenas... siete più o meno allo stesso livello. Continuare a fare pratica con me non sarebbe costruttivo per te adesso, amico mio, ma lo sarà in futuro, ne sono certo... »[245]

    In effetti i giorni successivi furono piuttosto strani. Galandril non mi rivolgeva praticamente la parole e più che un elfo silvano mi sembrava molto un elfo alto per come si rivolgeva a me, ma sarà stata una cosa da soldati, forse erano tutti così. Ebbi modo in ogni caso di fare delle conoscenze con altri elfi, e alcuni erano anche piuttosto cordiali nei miei confronti, anzi, molti erano veramente gentili e mi protavano da mangiare ogni tanto anche se dovevo categoricamente rifiutare ogni santissima volta.
    la verità era che potevo comunque nutrirmi di qualsiasi cosa volessi, ma non sarebbe servito a nulla perché nel momento in cui ingerivo qualcosa rimaneva praticamente ferma lì nel mio stomaco per sempre e sarei stato costretto alla fine a doverla espellere facendola sparire mentre passavo nel piano spirituale; insomma uno spettacolo veramente indegno che non consiglierei a nessuno di assistere.
    Quindi, vi parlerò del primo scontro tra me e Galandril, in cui ci allenammo insieme. Ci vedevamo ogni giorno al campo di allenamento dopo quel giorno e sostanzialmente non era un problema per me dato che rimanevo sempre lì senza mai muovermi: d'altronde non avevo motivo di andarmene, non avevo esigenze fisiologiche come i vivi e quindi potevo rimanere a fare pratica ininterrottamente.
    Il primo giorno di pratica in effetti fu proprio quello dove Ekzelion ci lasciò per conoscerci, avevamo entrami la spada in mano e lei, senza nemmeno presentarsi o chiedere il mio nome mi attaccò.
    Era veloce, si, molto veloce, più veloce di me a dirla tutta, ma sicuramente non era minimamente paragonabile alla potenza distruttiva del suo comandante Ekzelion. infatti riuscivo a gestire molto bene la velocità di Galandril e quasi a prevederla in alcuni casi, lei invece non sembrava miniamamente preoccupata dai miei colpi, ma me l'aspettavo.
    Quei giorni mi fecero capire che ero ancora una schiappa senza precedenti e che avrei dovuto migliorare tantissimo prima di raggiungere un livello non indifferente e per potermi confrontare con qualcuno che non fosse il solito umano uscito per sbaglio a tendermi un agguato per rubarmi le monete.
    Un colpo, un affondo, poi un altro, Galandril sembrava incessante nella sua offensiva. Avevamo anche pressapoco la stessa forza, il che era un bene, quando avevo combattuto con Ekzelion probabilmente lui si stava trattenendo, perché la spada me l'aveva fatta volare via con una facilità incredibile, quasi non si fosse sforzato.
    Parai tutti gli affondi di Galandril per fortuna e a quel punto passai io all'offensiva; notavo che gli elfi avevano questa tendenza a non volersi mai sbilanciare troppo, né in avanti e né nella loro offesa, erano sempre molto molto posati.
    Era una cosa molto utile da tenere a mente, e anche se io combattevo nel loro stesso stile ancora non avevo la piena padronanza di quella capacità. Ero molto sfuggente, si, ma questo era dato dalla mia natura spettrale e dal fatto che ero molto allenato nel riuscire a scappare via da situazioni pericolose, perché avevo scelto una strada, quella del cacciatore di vampiri che in realtà non era molto sicura ed era a tratti molto pericolosa.
    Quello che dovevo sapere lo sapevo e quello che dovevo fare lo stavo facendo.
    Sentivo che man a mano che facevamo pratica miglioravo e lo sentiva anche lei, la sua espressione iniziò a diventare sempre più arcigna, come a voler dimostrare che anche li riconosceva che stavo diventando sempre più forte.

    A fine giornata di pratica, lei non volle fermarsi né per mangiare né per altro, lei era veramente stanca e aveva veramente sudato tanto. Non mi sarei fermato finché non si sarebbe fermata lei e forse il fatto che non davo la minima sembianza di stanchezza era una cosa che l'aveva innervosita perché i suoi colpi iniziarono a diventare sempre più furenti e anche qualche mezzo urlo e espressione di impegno suonò dalla sua bocca.
    Non avevo ancora sentito la sua voce da quando avevamo iniziato.
    Alla fine dei conti però era diventata anche molto più sporca in quanto a esecuzione e questo dovette pagarlo. Riuscii a disarmarla a fine della nostra giornata di pratica, quando era praticamente ormai troppo stanca anche per tenere in mano la spada.
    Con una roteazione del polso feci volare il pezzo di legno cantato lontano, verso altri elfi che stavano per andare via anche loro.
    Lei cadde in ginocchio affannata e poi mi guardò, prima con aria seria, quella che aveva tenuto per tutto il giorno, poi sorridendomi: sorrisi anche io dal momento che non avevo intenzione di restare lì a fare la mummia senza scambiare una parola con una persona per i restati giorni ad Eslenas.
    « Sei bravo... molto bravo... e non sembri neanche stanco... »
    Le allungai una mano per aiutarla ad alzarsi, lei era un po' titubante ma la prese e la tirai su.
    « E' un po' il mio segreto. Comunque sei molto in gamba anche tu... io sono Elros Inglorion, molto piacere... »
    E mi presentai come sapevo presentarmi. All'inizio sembrava un attimo interdetta, poi rise e mi disse:
    « Ecco perché... pensavo non ti piacessi, per quello non ti eri presentato. Però vedo che non sei a conoscenza dei nostri modi. Sono una donna non puoi presentarti a me in quel modo... quello è per gli uomini... »

    Mi fece vedere i diversi modi di presentarsi tra gli elfi, uomini e uomini, donne e donne, se sei donna verso un uomo e così via. C'erano veramente tante e troppe combinazioni che si moltiplicavano esponenzialmente inserendo le variabili di età e status sociale e stato coniugale: era veramente un casino, ma dovevo in qualche modo farci l'abitudine se volevo rimanere lì o tornarci in qualche modo.
    Gli altri giorni di pratica proseguirono in maniera del tutto semplice e rilassata, ma vi racconterò di questo in seguito, in un altro racconto di come sono migliorato esponenzialmente allenandomi con gli Elfi e con Galandril.
    E' inutile dire che la storia con queste persone non finì lì, ma proseguì in modo da cambiare e mutare... proseguì per molto molto tempo e raggiunse finali e conclusioni inaspettate.

    Edited by Livinho - 26/6/2018, 09:03
     
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    Soggiorno ad Eslenas - Parte Tre - Nuvole grige

    Come si misura la qualità di un uomo? Beh, le qualità di un uomo sono tante, a partire dal coraggio e dalla resilienza; la resilienza che proprio a me come tritonide mi era sempre mancata, ma che era proprio il paradosso della mia esistenza ( tornare alla vita e non arrendersi al proprio destino era forse la maggiore prova di resilienza per un essere vivente che potesse esserci ).
    Ovviamente non era dovuta interamente a me quella prova di resilienza, ma non potevo in qualche modo farmene una colpa, dal momento che era stato qualche strano Dio a decidere della mia seconda opportunità e non potevo né oppormi né non esserne felice in un certo senso. Dovevo solamente accettarlo e fare quello per cui ora ero, parzialmente, vivo. Dopo giorni di allenamento con Galandril avevo deciso di sfidare nuovamente Ekzelion, il comandate degli elfi e dell'esercito di Eslenas; stoico e imperioso come sempre, l'alto elfo non si era tirato indietro alla mia sfida; avrei dovuto sapere solamente prima di lanciare quella sfida, che non era una vera e propria sfida, ma era una richiesta di misurare di nuovo le mie capacità con un avversario degno, che era vista tra gli elfi come grossa scortesia andare da una persona di rango superiore a chiedere un favore e in quel caso a sfidarlo apertamente, specialmente un membro delle milizie e specialmente una persona in vista come Ekzelion.
    Non lo sapevo, assolutamente, ma fu Galandril a spiegarmelo subito dopo; il rapporto tra me e l'elfa stava migliorando di molto, anzi, trovai in lei una compagna di allenamento molto fidata e anche un'amica dalle strane attitudini e dai comportamenti insoliti. Nella mia vita spettrale avevo avuto a che fare prevalentemente con gli umani, quindi avere a che fare con un elfo, anche se lei era un elfo silvano, quindi la più affabile delle etnie elfiche, era comunque difficile e molte volte venivo frainteso oppure risultavo offensivo e indelicato.
    In tutta onestà avevo ancora un certo timore di sfidare Ekzelion, ma volevo vedere quale fosse la mia curva di miglioramento, giusto per capire se stavo effettivamente migliorando in maniera sostanziale. C'era da dire che in un duello di spada, cosa in cui io non ero esperto, ma volevo comunque migliorare un sacco, bisognava tenere in conto anche che la componente mentale non è da sottovalutare; perché? semplicemente perché due spadaccini di altissimo livello comunque conoscono sicuramente il modo di assaltare la mente dell'altro e di entrare nellla coscienza di un avversario e leggere i suoi movimenti e le sue intenzioni in questo modo combattere diventa praticamente inutile e deleterio.
    E ci trovavamo di nuovo lì al centro della pianura di addestramento degli elfi. Io guardavo il mio avversario dritto negli occhi, questa volta non mi sarei risparmiato, sapevo a cosa andavo incontro e volevo in tutti i modi riuscire a vincere o almeno solo a colpire il comandante.
    Lui emanava potenza da tutti i pori, era quasi opprimente la sua presenza sul campo di battaglia, e la sua espressione non tradiva nessuna emozione come se non gli importasse chi aveva davanti, ma l'unica cosa che sapeva e che gli interessava era di combattere in maniera migliore possibile; cercai di impormi quel mindset anche io, alla fine dei conti non ci sarei riuscito in così poco tempo, ma le mie facoltà mentali non erano da sottovalutare.
    Ekzelion fece un piccolo gesto con la testa, come a dire che potevo iniziare quando volevo.
    Non mi lasciai pregare due volte e senza il minimo preavviso allargai la mia coscienza in un batter d'occhio e assaltai la sua mente con la potenza di un ariete; era un attacco mentale con tutte le risorse che avevo, era la mia risorsa principale. Ero migliorato molto, almeno credevo, su quel punto di vista e volevo dimostrare che non poteva vincere un duello contro di me se non avesse avuto una mente salda; avrei usato tutte ( o quasi ) le armi a mia disposizione per battere Ekzelion, o almeno per ferirlo o colpirlo.
    Purtroppo i miei calcoli e la mia concezione del potere dell'elfo erano veramente minimizzate. Non avrei mai pensato che una persona come lui potess essere veramente così potente e così fuori dalla norma.
    La mia mente si scontrò contro una muraglia invalicabile, una specie di barriera indistruttibile qualcosa che non avevo mai sentito; le sue barriere mentali erano probabilmente insuperabili. Non avrei mai immaginato che fosse così potente a livello mentale; mi ero sempre considerato un ottimo combattente sotto il punto di vista mentale magico, ma ero inferiore anche sotto quel punto di vista.
    Lui sembrò però sorpreso del mio attacco e cercai di sfruttare la cosa per attaccarlo frontalmente. Scattai in avanti - ero migliorato, ero sicuramente più veloce di una settimana prima quando ci eravamo incrociati la prima volta - e tentai un affondo diretto al fianco sinistro; non era un colpo mortale, e non lo sarebbe stato comunque perché utilizzavamo le comunissime spade di legno per l'addestramento.
    Fu del tutto inutile.
    Ekzelion neutralizzò la mia offensiva semplicemente scartando di lato e con rapidità fulminea batté un colpo sulla mia arma disarmandomi e poi un colpo dietro la nuca a me per mandarmi fuori equilibrio.
    Caddi con la faccia nell'erba, assaggiando il tenue e amaro sapore della sconfitta solo per pochi secondi. In men che non si dica afferrai di nuovo la spada di addestramento e mi rimisi in piedi. Adesso ero visibilmente stizzito da quello che era successo, mentre a lui, da quello che sembrava, non fregava niente come al solito.
    Non dovevo lasciare dominarmi dalle mie emozioni, era qualocsa che la Madama mi diceva sempre ai tempi, anche se non si trattava della donna più brava comabattivamente parlando, ma si riferiva a come il fatto che le mie emozioni mi avrebbero portato a fare qualcosa di stupido ( si riferiva a quello che io provavo per Beel prima che tutto il casino di Lord Airon ponesse fine alle nostre vite ).
    Arrendermi in quel caso non era un'opzione, semplicemente perché ci sarebbe potuto essere qualcuno di più forte di Ekzelion, anche se improbabile, a combattermi al mio ritorno nel Grande Blu. Cosa avrei fatto allora? Cosa avrei fatto se Lord Airon avesse assoldato delle guardie superiori ad Ekzelion o se lo stesso Airon fosse stato forte quanto Ekzelion stesso, o più forte?
    No, non potevo permettere a quell'elfo di battermi e non potevo permetterlo a nessuno. Sorrisi, sorrissi come se non ci fosse un domani e il sorriso si trasformò in un ghigno; quel giorno potevo anche perdere di nuovo, mi andava bene, ma mi sarei allenato ancora e ancora, mi sarei distrutto mentalmente, anche perché fisicamente avevo il dono di potermi allenare praticamente all'infinito, se fosse stato necessario per colmare la differenza tra me ed Ekzelion e superarla e rendermi così un guerriero finale.
    Guardai Galandril e gli altri elfi che stavano assistendo alla figura di merda che stavo facendo, non mi intereressava per niente onestamente, anche perché nessuno di loro era minimamente al mio livello; anche se ancora non avevo conosciuto gli ufficiali, ma di questa storia vi palrerò in futuro e non ora.
    « Andiamo... »
    Dissi a bassa voce scagliandomi contro Ekzelion. Fintai un colpo a sinistra, per poi andare a destra... questa volta però ponderai tutti i colpi di cui ero capace, in modo da non sbilanciarmi in avanti come la prima volta. Ekzelion parava con una fluidità non indifferente; dopo qualche minuto così decisi di alternare ad ogni colpo un assalto mentale in modo che Ekzelion dovesse difendersi su più fronti, ma non servì a niente, i suoi movimenti erano perfetti misurati e precisi, come se sapesse in anticipo quello che avrei dovuto fare e come avrei voluto colpirlo.
    Sapevo che stavo esaurendo le mie risorse e i miei metodi, quindi decisi di mettere in atto una strategia niente male; prima di tutto tentai un affondo come il primo.
    Totalmente sbilanciato mi lanciai in avanti come un montone che carica il suo avversario, non mi fregava niente degli stupidi elfi alle mie spalle che ridevano e commentavano con " ancora? Ma non ha imparato la lezione? ".
    Ekzelion infatti sembrava veramente deluso del mio assalto, che in quella frazione di secondo lo vidi quasi accigliato; andò come era andata la prima azione, scartò di lato Ekzelion e andò per colpire sulla mia spada di legno per disarmarmi, ma in quel momento attinsi al potere di spettro.
    Entrai nel Reame Spirituale, nel Wraith World, e sparii dalla loro vista e riapparsi esattamente alle sue spalle; con tutta la forza di cui ero disponibile affondai nelle sue difese mentali cercando una breccia, una piccola breccia e poi tirai un fendente diretto al suo collo.
    Forse lo colsi di sorpresa, forse dovette fare in modo di utilizzare buona parte delle sue risorse questa volta, ma un'immagine mi venne proiettata in mente: una bionda donna che culla un bambino, neonato, un'elfa dalla bellezza impossibile, sotto una finestra e una cascata di luce e con in volto un'espressione sorridente.
    Ekzelion poi mi buttò fuori di prepotenza dalla sua mente... ritornò a muoversi a quella velocità disumana, sparendo dalla mia vista e apparendo al mio fianco, evitando il mio colpo di netto, e colpendo con forza con una gomitata nel mio costato; ero uno spettro ma faceva male ugualmente e mi scaraventò a diverse iarde di distanza a rotolare nell'erba.
    Aspettò che mi alzassi.
    Vedevo in volto suo quella che sembrava un'espressione di fastidio e mi fece cenno di raccogliere la spada, come a volermi dire di prepararmi; si, era proprio quello che stava cercando di dirmi. Infatti si fiondò, subito dopo, con quella maledetta velocità disumana verso di me. Sfondò le mie difese in pochi secondi e iniziò a punirmi pesantamente con affondi e sferzate in maniera paurosa.
    I colpi non facevano tanto male, erano solamente dei lividi se avessi avuto un corpo mortale, ma continuò a punirmi per un buon minuto prima di disarmarmi completamente.
    A quel punto assaltò la mia mente in una maniera che mi sentii di nuovo come la prima volta ad Eslenas quando avevo portato l'uovo di drago. La mia coscienza si sbriciolò di fronta a quella che sembrava una nave corazzata.
    L'incontro era finito di nuovo e nuovamente avevo perso.

    Rimasi nell'erba a contemplare il mio fallimento ancora una volta guardando verso il cielo che era parzialmente coperto dalle foltissime chiome degli alberi che svettavano alti oltre la sommità del Palazzo di Luce a pochi passi da noi; non avevo mai speso del tempo a guardare in alto, semplicemente forse perché nella mia natura tritonide non era qualcosa che eravamo soliti fare. Le razze terrestri hanno questa concezione del cielo e del guardare al cielo e anche a livello culturale e di superstizione è qualcosa che li ha caratterizzati molto nel corso del tempo; invece noi tritonidi siamo più per uno sguardo culturale laterale della nostra tipologia di razza, molto improntati sul riuscire a vedere oltre l'oscurità dell'oceano e a scorgere le meraviglie che cela o i terrori; in ogni caso le razze di terra contemplano l'ignoto in maniera diversa.
    Quello che posso dire e che trovai quel modo di contemplare realmente bellissimo e rimasi fermo per qualche secondo; Ekzelion andò via da li, senza nemmeno salutarmi o commentare quel combattimento, come aveva fatto l'ultima volta.
    Nella mia testa però, dopo qualche secondo, Ekzelion già fuori dai radar di chiunque, una voce risuonò leggera e sicura " Bravo ". Non potevo dire si trattasse della voce di Ekzelion, però riconobbi il tocco della sua mente.
    Sorrisi, per la prima volta dopo tanto tempo, mentre tutti gli altri elfi mi progevano il loro saluto in segno di rispetto, mentre altri semplicemente ancora erano dalla parte di chi credeva che non meritassi di trovarmi lì; per me andava bene, non ero venuto a chiedere favore a nessuno se non al comandante degli elfi stessi.
    « Cos'era quello che hai usato? Un incantesimo? »
    La domanda di Galandril sorse spontanea quando mi si avvicinò per aiutarmi ad alzarmi, in maniera molto spartana e non curandosi del fatto che non era usanza degli elfi fare una cosa del genere, ma era più una cosa da umani o nani. Era realmente interessata a quello che avevo fatto, per il semplice motivo che probabilmente non riusciva nemmeno a spiegarsi che tipo di razza fossi, anche se le avevo detto chiaramente di non essere né un elfo e né un umano.
    « Una specie... »
    Commentai brevemente prima di colpirmi ripetutamente il vestiario per cercare di darmi, anche figurativamente una pulita dall'ennesima umiliazione che avevo subito quel giorno.
    Quando raccontai a Galandril quello che avevo fatto durante il combattimento, lei reagì con sospresa e poi si fece una risata, spiegandomi il perché avessi nuovamente fatto qualcosa di sbagliato; oltre a spiegarmi quella storia del non poter sfidare o chiedere favori a personalità che si trovano sopra di me a livello di rango.
    « Attaccare mentalmente qualcuno che sta combattendo in maniera amichevole contro di te, specialmente una persona del calibro di Lord Ekzelion che sta facendoti un favore, che tu gli hai scortesemente chiesto, è un'alta mancaza di rispetto... »
    Inarcai un sopracciglio, le mie branchie avrebbero soffiato se fossi stato ancora vivo e avessi respirato.
    « Perché è una mancanza di rispetto chiedergli di allenarci? »
    Galandril sembrò un attimo colta di sorpresa dalla domanda, ma non seppe dare una risposta logicamente esaustiva, ma si limitò a spigarmi che quello è un codice etico degli elfi e che è così che funziona da quando la società elfica è stata concepita e nessuno si è realmente mai chiesto il perché funziona così o se fosse il caso di cambiare quel modo di fare; tutto ha funzionato sempre bene andando in quel modo e quindi nessuno mai avrebbe voluto cambiare quelle cose.
    Dal canto mio credevo che la società elfica facesse molte cose solamente per una quesitone di etichetta e lo trovavo esageratamente formale e poco logico, considerando che però loro erano forse la razza più logica e più evoluta dal punto di vista intellettuale; non capivo il senso di avere delle regole arcaiche. Forse era una questione tipicamente razziale, che non sarebbe cambiata molto presto. In effetti era così, ma all'epoca dovete tenere presente che stiamo parlando di anni e anni addietro e molto prima che il mondo di Taigar ed Etheria cambiasse per diventare quello che sarà in futuro.

    Scambiammo delle opinioni su quello che avrei potuto fare meglio durante il comabttimento o meno, mentre consumava... lei, un pasto prima di rimetterci ad allenarci; ero riuscito a far passare quel tratto di me in maniera molto semplice, ovvero, le avevo spiegato che da tritonide a me serviva solamente consumare dell'acqua, che in realtà dei fatti era anche vero, anche se fuori dall'acqua la mia razza doveva comunque consumare del cibo solido. Però riuscivo a fingere di bere dell'acqua che poi, per forza di cose dovevo gettare via praticamente rendendomi intangibile facendola cadere via dal mio corpo; era una cosa veramente ridicola, già che c'era quel Dio che aveva deciso di farmi ritornare come spettro poteva comunque darmi la possibilità di mangiare o bere, senza che fosse però necessario.
    Alla fine dei conti credevo fosse molto più importante riuscire a tenere il segreto per chiunque mi stesse intorno e stavo violando la regola che mi ero impostoq quando avevo capito della mia natura di spettro: nessun legame, la tua occasione nella vita l'hai avuta, adesso bisogna solamente che ti concentri su quello che devi fare e farlo nel migliore dei modi.
    Ovviamente era difficile, se non impossibile sottostare a questo tipo di regola; anche se spettro ero comunque ancora legato ai sentimenti e a qualunque cosa un essere vivente potesse provare, come i ricordi per le persone che amavo e che erano in qualche modo scomparse. A quel punto arrivò il momento di allenarmi con Galandril, che invece aveva passato la mattinata a guardare il mio scontro.
    Stavamo diventando dei buoni amici e la cosa mi preoccupava sinceramente.

    « A te la prima mossa... »

    Lasciai a lei la prima mossa, così come mi aveva spiegato fosse cortesia tra gli elfi. Non avevo alcun problema a lasciarla iniziare, anche perché ero diventato già molto migliore rispetto a lei in termini di combattimento. Stavo esagerando? Non credevo proprio. Era un abile combattente, ma dallo scontro di quella mattina con Ekzelion avevo avuto la prova che i miei miglioramenti erano tempestivi e massivi; la mia curva di incremento era veramente incredibile rispetto a chiunque altro, non pensavo potessi migliorare così tanto e secondo me doveva dipendere dalla mia natura spettrale in primis e in secondo luogo dal modo in cui mi gestivo a livello di impegno.
    Il fatto di non riposare praticamente mai, che mi stava veramente logorando a livello mentale; fare una cosa in continuazione ventiquattro ore al giorno era veramente terribile. Mi stava però portando dei risultati non indifferenti che sarebbero stati ancora esigui per colmare la differenza tra me ed Ekzelion, ma in un certo qualsenso sarebbero bastati per darmi quel piccolo sollievo che dovevo avere dall'impegno messo.
    Sarei doventato più forte in men che non si dica e sicuramente Galandril non avrebbe potuto fare pratica con me ancora per molto, sarei dovuto passare a fare pratica con qualcuno di più capace subito.
    Primo affondo dell'elfa che riuscii a parare con estrema facilità. Ci bloccammo entrambi e la guardai con un ghigno soddisfatto, lei incattivì l'espressione e prese a mulinellare la spada ritraendosi veloce da quella posizione.
    Seguirono dei colpi ben assestati e velocissimi, in successione: mirò alla spalla destra, poi alla sinistra, poi al fianco destro, e di nuovo poi alla spalla sinistra e così via; seguivano affondi e stoccate, sferzate e tagli.
    Era veramente una furia, voleva dimostrare tra l'altro che non sarebbe rimasta indietro in nessun caso rispetto a me, e sinceramente da un certo punto di vista mi andava anche bene, ma avrebbe dovuto mettere in conto che non ero sicuramente l'ultimo arrivato e non mi sarei fatto mettere i piedi in testa specialmente dopo che ci conoscevamo così bene a causa della nostra ripetuta pratica per diversi giorni e settimane.
    Riuscii in qualche modo a resistere all'assalto, che le aveva fatto consumare un sacco di energie, e senza pensarci due volte sfruttai il vantaggio che avevo rispetto a lei - non mi stancavo - e attaccai incessante e molto precisamente a punti nevralgici e dove sapevo aveva più difficoltà a muoversi e a coprire.
    La colpii diverse volte, senza farle troppo male, ma era chiaro che la mia precisione e la mia accuratezza sia nei movimenti che nei colpi era diventata estremamente superiore rispetto a quella che c'era qualche tempo prima.
    Ero diventato un comabattente di ordine superiore e sebbene la mia tecnica richiedeva ancora anni e anni di pratica, forse avrei potuto colmare quella grossa differenza in poco tempo grazie alla mia natura.

    Riuscii a disarmarla diverse volte durante la nostra pratica, cosa che non era mai successa prima e cosa di cui mi compiacqui come non mai. Ero sicuramente diventato superiore a lei, sia in velocità di esecuzione sia in precisione di esecuzione. Lei però era migliorata ugualmente, solo che io miglioravo ad un tasso superiore: credevo dipendesse dal fatto che come spettro non avessi bisogno di dormire; in effetti, le persone e anche gli elfi, per rimettersi in forze hanno bisogno di andare a dormire e nutrirsi; questo però vuol dire che il loro corpo impiega del tempo a recuperare e ad applicare quei miglioramenti, magari il tempo che ci mette a recuperare le energie mangiando e a rinvigorire il corpo con il sonno.
    Forse il mio corpo spettrale riusciva a fare tutto quello praticamente senza sosta.
    Non appena creavo della stanchezza o la fame, quello strano incantesimo o benedizione divina lo recuperava all'istante in modo che mi trovassi sempre sull'onda... questo mi permetteva di avere dei miglioramenti vertiginosi in pochissimo tempo.
    Non avrei dovuto aspettare e non avrei dovuto mangiare o sottostare a nessuna altra legge naturale che legava invece i viventi per migliorare.
    A fine pratica lei si trovava seduta con il fiatone, io invece ero bello che riposato e in piedi a roteare la spada e a provare delle nuove combinazioni a cui avevo pensato mentre facevamo pratica.
    « Non capisco come fai... è un incantesimo anche questo? »
    Forse sapevo dove stava andando a parare, però speravo vivamente che non fosse così.
    « Che intendi dire? »
    Me la giocai facendo il vago, come se non sapessi quello a cui si stava riferendo. In realtà lo sapevo molto bene, ma non volevo essere troppo evidente e alla luce del sole.
    « Non ti stanchi mai. Non ti ho mai visto sudare una volta e sembra che la tua resistenza sia infinita... è un incantesimo? Sento che non mi stai dicendo la verità... »
    La sua espressione divenne dura, come se fosse offesa dal fatto che non le stessi rivelando il perché di molte mie stranezze. Eravamo solo compagni di allenamento, ma lei mi aveva spiegato che ogni relazione va gestita in modo serio dagli Elfi e che non si impegnano in relazioni di qualunque genere, anche rapporti di lavoro - come li chiamerebbero gli umani in questo caso - se non per coltivarla e farla fiorire in qualche modo; era un modo strano di concepire le relazioni per una razza immortale, ma per loro era così.
    Quindi decisi che dovevo in qualche modo parlare della mia natura spettrale, forse era arrivato il momento. Le allungai la mano per alzarla da terra e lei la prese e ci dirigemmo lontano dai campi di allenamento ( ai quali sarei tornato non appena potevo per continuare ad allenarmi ossessivamente e senza sosta ).

    Ci mettemmo a passeggiare sul confine orientale di Eslenas, da lì il Palazzo di Luce era solo una massa bianca con una torre che svettava oltre una sottile coltre di abitazioni costruite e cantate negli alberi, sospesa in una soluzione di luci e ombre che variava la sua trama a seconda dell'orario del giorno, nella fresca aria della Foresta Fitta.
    Non sapevo bene come esordire il discorso e come iniziare a dire quello che dovevo dire, ma cercai di raccontarle la mia storia in qualche modo, a quel punto tanto valeva essere del tutto sincero anche sul mio passato.
    « Devi sapere che non mi chiamo Elros Inglorion. Il mio vero nome è un altro, ma ti prego di accettare quello che io ho scelto, perché potrai capire le mie motivazioni dopo che ti avrò raccontato chi sono e la mia storia. Però questo lo farò in futuro, se mai il nostro rapporto di amicizia dovesse continuare... — era la prima volta che mi riferivo a lei come a un'amica, ed era anche infranta la promessa di non legarmi a qualcuno definitivamente — perché adesso mi pesa molto confidare una tale cosa... »
    Lei non sembrava infastidita, anzi, sembrava incuriosita da quello che stavo per dirle in realtà.
    Così le raccontai del fatto che fossi uno spettro e di come la mia vita fosse finita, per sommi capi, nei fondali oceanici per mano di una persona di cui mi volevo vendicare. In effetti, non era uno dei racconti migliori né la rivelazione che ti aspetteresti, però spiegava a lei tutte le cose che le servivano spiegazioni su.
    La cosa che non mi aspettavo fu la sua risposta sinceramente: « Ti aiuterò a vendicarti quando sarà il tempo... »

    Fui colto di sorpresa, anche perché per vendicarmi sarei dovuto andare nei fondali marini cosa che lei non poteva fare almeno se non avesse utilzizato l'espediente della Madama Brunilde che ancora non avevo ben capito o non ricordavo come avesse fatto a scendere nelle profondità oceaniche. Sorrisi alla fine dei conti per la solidarietà che Galandril mi stava mostrando, anche se ero praticamente sicuro che non avrebbe mai potuto adempiere alla sua promessa.
    Ci furono lunghi minuti di silenzio dovuti a quello che avevo detto, ma non credevo che alla fine dei conti per lei cambiasse qualcosa, infatti mi chiese se ci fossimo continuati ad allenare insieme e le dissi che per me non cambiava assolutamente nulla e del fatto che solamente non poteva aspettarsi che non avrei continuato ad allenarmi anche da solo per migliorare nell'arte della spada; per lei andava bene e quindi andava bene anche per me alla fine dei conti.
    L'importante era che il nostro rapporto non si fosse incrinato in qualche modo. Nonostante tutto ci tenevo, e quando raggiungemmo una piccola quercia solitaria temetti che qualcosa invece non fosse stato detto o che qualcosa in realtà la turbasse perché si voltò verso di me e mi disse di sedermi.
    « In realtà c'è un segreto che devo rivelarti anche io, ma non era sicuro di parlarne con chissà chi... quindi ho scelto, dal momento che tu hai scelto me, di parlarne con te... »
    Sembrava una cosa molto intima e in realtà lo era. Gli elfi raramente si confidavano e raramente facevano pettegolezzi, anzi, molto degli alti elfi consideravano questa sorta di modo di fare degli umani particolarmente molesto e fastidioso.
    Mi sedetti, cosa che mi sembrò strana dal momento che lo facevo di rado; non mi stancavo e quindi non avevo bisogno di assumere determinate posizioni, se non che lo facevo per abitudine o per mimicare i comportamenti umani; nemmeno i tritonidi sono soliti sedersi spesso.
    « Giorni fa mi è capitato di origliare una conversazione di un consiglio di guerra. Sembra che le cose si stiano muovendo in maniera subdola, ma che una grossa guerra sia all'orizzonte. Qualcuno tra i nostri ufficiali la definisce forse la più grande guerra da secoli a questa parte e per questo motivo gli elfi stanno incrementando i loro sforzi per reclutare e addestrare e anche quelli che sono già reclutati stanno aumentando i loro addestramenti e la preparazione... »
    Una guerra all'orizzonte era qualcosa di cui preoccuparsi si, ma non era qualcosa che mi riguardava direttamente. In realtà non mi fregava niente, a meno che nella guerra una delle parti era l'oscurità, in quel caso sarei entrato volentieri in campo e non mi sarebbe preoccupato niente nemmeno allora; la verità era che nonostante fossi ultracentenario, a livello mentale ero ancora molto giovane e quindi non capivo le implicazioni di quello che potesse essere una guerra di grossa scala nella penisola.
    Non risposti e Galandril era circospetta riguardo il mio atteggiamento, forse si aspettava una qualche reazione importante e palese;
    « Hai idea di che significhi una guerra di grossa portata? Significa che molte persone moriranno e potrebbe cambiare la geografia di Taigar addirittura... oscuri terrori verranno riportati alla luce e gli indifesi saranno perseguitati in uno stato di chaos totale! »
    Senza essersene accorta aveva alzato la voce, e infatti si mise la mano davanti alla bocca subito dopo in un gesto istintivo spalancando gli occhi; mi sembrò qualcosa di molto buffo, ma non mi azzardai a sorridere, stavamo parlando di guerra.
    Ci misi un po' per riflettere, ma poi le esposi il mio pensiero.

    « Credo che se i tempi siano maturi, sia meglio una guerra che il lento declino a cui stiamo assistendo adesso. Personalmente credo che una guerra possa smuovere molti tasselli e anche se a grosso prezzo, rimuovere appendici cancerose dalla nostra penisola. Come il Rakenal, ad esempio, che è un posto sicuramente aberrante che va cancellato dalla faccia della terra. »
    Lei sembrò dubbiosa dalla mia esclamazione sul Rakenal e sembrò volermi chiedere qualcosa a riguardo.
    « Credi sia giusto condannare tutta la regione per una parte di essa? »
    In realtà non avevo mai fatto caso a quello, ma sapevo che la risposta in cuor mio era forse semplice ed approssimativa, ma risposi comuqnue a quella domanda nel modo che ritenevo opportuno.
    « Credo sia giusto che l'oscurità scompaia, qualunque creatura oscura, vampiri in primis, vanno eliminati categoricamente... anche se alcuni di loro non sono malvagi di per sé, penso che siano comunque inclini alla malvagità... »
    La realtà dei fatti era che quella non era un punto di vista esaustivo, ma come vi ho già detto ero piuttosto giovane a riguardo e quindi non avevo modo di replicare in maniera super partes; vedevo le cose in modo piuttosto dicotomico e quindi non aveva senso discutere con me in quei termini. Però il merito di Galandril nella mia vita fu anche quello, farmi aprire la mente in modo da essere in futuro un buon e miglior emissario della luce e l'intelligenza non mi mancava, dovevo solo studiare a riguardo.
    « Ci sono molte creature oscure che non fanno del male. La loro natura è quella di sopravvivere ed esistere come ogni altro animale e se i metodi che usano per catturare le loro prede è crudele e può sembrarci inanturale, bisogna pensare che è solo la natura a fare il suo corso in quel modo. Anche creature di luce uccidono, loro invece sono scusate? »
    Non seppi rispondere a quella domanda, ma trovammo un po' di meriti a tutti. Quindi lì, il mio cervello iniziò a fare qualcosa che non aveva mai fatto al di fuori di determinati contesti; ragionare sulla mia missione e le implicazioni e a mettermi nei panni di qualcun altro; la mia vita e la mia sorte mi avevano sempre spinto ad essere estremamente centrato su me stesso, ma quel giorno imparai lontano dal frastuono del fato, che forse a volte bisognava mettersi nei panni di altri esseri.

    Edited by Livinho - 1/7/2018, 10:09
     
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